Anna Falcone e Tomaso Montanari, appello unità della sinistra

Anna Falcone e Tomaso Montanari, appello unità della sinistra

Anna Falcone, vice-presidente del Comitato del NO, con una lunga storia di militanza nel PSI e nella sua sinistra, e Tomaso Montanari, Presidente di Libertà e Giustizia, hanno convocato per il 18 Giugno l’Assemblea “Alleanza Popolare per la Democrazia e l’Uguaglianza“, un percorso che nelle intenzioni dei suoi promotori dovrebbe unire la “Sinistra del NO” verso le elezioni politiche.

Lanciata in tutta fretta quando si è affacciato lo spettro delle elezioni anticipate, l’assemblea ha avuto l’avallo immediato dei principali partiti della sinistra (Sinistra Italiana e Possibile, Rifondazione Comunista, il nuovo PCI), di ACT, della Rete delle Città in Comune e di numerosi altri soggetti.

Risorgimento Socialista parteciperà all’Assemblea assieme a movimenti e personalità con cui ha condiviso un percorso di critica radicale alla Seconda Repubblica, all’Europa di Maastricht e del Fiscal Compact, ponendo all’Assemblea il problema cruciale di quale risposta si debba dare, da sinistra, a questi temi.

Negli ultimi giorni, i militanti di Risorgimento Socialista si sono confrontati sull’iniziativa e sui contenuti che mano a mano sono emersi dal dibattito pre-incontro: vi proponiamo le riflessioni di Ferdinando Pastore, Responsabile Europa, Antonello Longo, dirigente di Risorgimento Socialista della Sicilia, e Alberto Benzoni, già vice-sindaco di Roma. 

Posizioni diverse, ma anche una ricognizione puntuale dei punti di forza e delle debolezze che emergono dal percorso: un’opportunità per riflettere.

Ferdinando Pastore evidenzia i rischi del limitarsi a porre l’obiettivo della “unità della sinistra”, una posizione che, se non affiancata da una seria contestazione dei danni causati alla Repubblica dalla “sinistra ufficiale”, porterà  la Sinistra di opposizione a ripetere gli stessi disastrosi errori di questi anni.

Antonello Longo fotografa la richiesta di unità che sale da molte esperienze locali, e Alberto Benzoni sottolinea la necessità di distinguere tra la piazza del 18 Giugno e quella che Pisapia riunirà il 1° Luglio, costruendo un fronte che possa rappresentare le tematiche e le istanze emerse dal NO al referendum costituzionale.

 

Unità della Sinistra ?

di Ferdinando Pastore, pubblicato anche su Sollevazione

Da qualche mese si susseguono assemblee, manifestazioni, convention di partiti, di movimenti che avrebbero l’ardire di unire la sinistra, tutte uguali a se stesse. Esse sono condite da continui appelli nei quali si descrive una società ansiosa di vivere in un luogo più gentile e sobrio e che non vede l’ora di vedere all’opera, in Parlamento, dirigenti come D’Alema, Bersani, Fratoianni, Vendola, descritti come dei missionari dediti ad una nuova evangelizzazione civilizzatrice. Inoltre, dal referendum Costituzionale in poi, il richiamo è indirizzato al popolo del NO, quello che ha sconfitto il PD Renziano. Secondo il parere di chi annuncia la grande Riunione, quella è la vittoria che apre la strada alla formazione di una lista nazionale dove tanti micro-“partiti” potranno concorrere alla salvezza dei propri gruppi dirigenti.

Ma questa analisi è del tutto mistificatoria. In realtà la sinistra ha contribuito in minima parte alla vittoria del NO e gli stessi comitati del NO, occupati, in gran parte, da ceto politico/amministrativo in attesa di riciclaggio, non hanno avuto la capacità di egemonizzare l’opposizione alla “Riforma“. Anzi gli stessi burocrati di sinistra sono stati i protagonisti del messaggio più consolatorio ed edulcorante riguardo il risultato referendario, dato che lo hanno assimilato ad una vigorosa reazione del popolo italiano contro il governo Renzi.
Si può dire che la sinistra sia stata del tutto ininfluente nell’indirizzare il voto referendario e che, inoltre, non ne abbia compreso il significato più profondo: la linea di continuità del No alla “Riforma” con i risultati dei precedenti referendum svoltisi in Europa negli ultimi anni, da quello greco alla Brexit. In tutti questi referendum il basso, contrapposto al potere oligarchico dell’establishment neo-liberista, ha iniziato a rifiutarsi di partecipare attivamente a scelte che lo continuano a vedere schiacciato, impoverito, spoliticizzato e senza rappresentanza.
In realtà chi paga la crisi, quel blocco sociale composito e composto da salariati, disoccupati, piccoli e medi imprenditori, artigiani, agricoltori, liberi professionisti e categorie in lotta contro le liberalizzazioni, reagisce con scioperi e lotte sociali e che quando diserta le elezioni o vota M5S contesta un modello incompatibile con il nostro sistema Costituzionale: quello dei trattati europei che impongono scelte indirizzate ad un’unica dimensione, quella liberista, e che riducono la sovranità a legittimazione economica, al fine di proteggere l’elemento costitutivo della società ordo-liberale: la concorrenza.
Gli appelli all’unità della sinistra, quindi, servono esclusivamente a ricomporre gruppi dirigenti, ormai sconfitti dalla Storia, e dato che i loro messaggi non suscitano sufficienti vibrazioni, anzi sono pressoché ignorati dalle masse, sono ripuliti con l’aiuto di personaggi spendibili, presi in prestito, o dalla “presunta” e auto-nominata società civile o dalla società dello spettacolo. Questo è il caso dell’ultimo, in ordine cronologico, di questi appelli, quello di Anna Falcone e di Tommaso Montanari che si aggiunge al corteggiamento effettuato dal mainstream nei confronti di Roberto Saviano.
Ma oltre al problema della sopravvivenza di un ceto politico senza popolo, la debolezza del messaggio – sempre incentrato su una astratta capacità da parte della sinistra di trasformare il mondo in un luogo più civile, più buono, più tollerante e più verde, e silente sulle enormi contraddizioni socio-economiche presenti nella società e su una prospettiva di scontro sociale che compensi l’egemonia del pensiero unico liberale – è frutto di una precisa impostazione ideologica che ha visto la sinistra allontanarsi dalle masse popolari poiché non più in grado di comprendere i meccanismi di sfruttamento dell’essere umano nella nostra epoca.
La sinistra ha accettato, attraverso le rivisitazioni della globalizzazione come fenomeno ineluttabile e foriero di grandi possibilità per tutti gli esseri umani, i quali si sarebbero dovuti trasformare in lavoratori della conoscenza, i pilastri dell’ideologia neo-liberista: la riduzione dello Stato a mero esecutore delle direttive sovranazionali che devono garantire la libera concorrenza, l’annullamento dei corpi intermedi che mediavano l’azione dell’esecutivo, la verticalizzazione del sistema politico attraverso l’indebolimento delle assemblee legislative, la trasformazione dell’individuo in imprenditore di sé stesso e la cancellazione del diritto al lavoro e dei diritti sociali, ai quali l’essere umano, appunto, deve pensare per conto proprio.
Questa trasformazione genetica della sinistra ha preso due strade differenti, la prima è quella del rigore ordo-liberista ed è diretta conseguenza delle politiche del PCI, nel momento in cui, dopo la caduta del muro, il suo gruppo dirigente si doveva affrancare nei confronti del nuovo ordine e, attraverso l’alibi della moralizzazione del sistema politico, ha iniziato a contestare la spesa pubblica, il ruolo dei partiti, le prerogative dello Stato sovrano; la seconda è quella post-lavorista, diretta emanazione del movimentismo anarco/libertario, nel quale il soggetto, e non più la classe, è diventato il protagonista della rottura del contratto sociale, aderendo, di fatto, all’idea individualista neo-liberale.
Come ha ben descritto Carlo Formenti, “la sostituzione dei soggetti collettivi con i soggetti individuali, ha spostato l’asse dei conflitti dal terreno della lotta per i diritti sociali a quello della lotta per i diritti civili…e la retorica dei diritti è così diventata l’unico discorso caratterizzante di quella sinistra che si pretende post-ideologica”. Gli appelli, appunto, che si richiamano a una reazione della società civile sono tutti indirizzati verso queste due impostazioni che non hanno vie d’uscita per le classi deboli, una paventata moralizzazione della società e la retorica dei diritti civili.
Con due evidenti contraddizioni. La prima è che nella sinistra non c’è nulla da unire. Quello che si sta manifestando in Europa, la nascita di nuovi movimenti che si richiamano al socialismo, sono del tutto incompatibili sia con la sinistra ordo-liberista che con quella del soggetto desiderante. In Spagna, Francia e ora in Inghilterra, con Corbyn, ci si richiama a concezioni solide e stataliste, a politiche di spesa pubbica, alla costruzione di un welfare sviluppato, a politiche di piena occupazione. In Inghilterra lo si può fare in autonomia dopo la Brexit, in Francia e in Spagna queste tematiche sono strettamente connesse al tema dei trattati europei e al superamento dei sistemi di Maastricht e di Lisbona.
L’appello all’unità della sinistra, poi, è totalmente incompatibile con il richiamo alla vittoria del NO al Referendum Costituzionale. E’ stata, in Italia, proprio la sinistra a esautorare la Costituzione, attraverso le riforme elettorali, le modifiche del mercato del lavoro, le politiche di austerità e l’accettazione supina dei vincoli esterni che non permettono di applicare la prima parte della Carta. Parte della sinistra italiana rivendica ancora con orgoglio quelle scelte, che hanno contribuito all’impoverimento della classe media, alla perdita del potere contrattuale dei lavoratori, alla dilagante disoccupazione e alla de-industrializzazione del Paese.
Si può affermare quindi che il richiamo all’unità della sinistra è un mezzo per superare il risultato del Referendum Costituzionale e per normalizzare il dissenso sociale. La dimostrazione sta nel fatto che seppur sia presente il richiamo al Referendum, non venga mai toccata la questione dell’incompatibilità dei trattati con il nostro dettato costituzionale. Anzi la critica è indirizzata solo nei confronti delle leggi elettorali. Quest’ impostazione serve a normalizzare il dissenso, incanalarlo verso orizzonti compatibili con il Potere neo-liberista, renderlo innocuo e impolitico.
Inoltre non si fa cenno alcuno alle lotte dei lavoratori di questi mesi; Alitalia, TIM, Almaviva sono solo degli esempi paradigmatici di quanto le classi deboli siano lontane da un messaggio consolatorio che richiama genericamente uno spazio, quello della sinistra, nel quale queste contraddizioni non vengono mai affrontate. La lontananza di questi lavoratori dai Sindacati Confederali, ad esempio, dimostra che il problema del lavoro, oggi, è problema da inserire all’interno di un discorso più ampio e che rappresenta una vera e propria questione nazionale: la crisi di tutto il sistema produttivo italiano e la conseguente de-industrializzazione avvenuta a seguito del nostro ingresso nel sistema euro.
Significativi sono i metodi utilizzati in questi anni. Non si tenta mai di costruire un partito, o almeno una Confederazione di partiti, che possa poggiare le basi su una struttura solida, che possa elaborare una visione alternativa della società, con un’organizzazione stabile, bensì ci si richiama alla nascita di una lista che ripropone un’ unità liquida, flessibile, che si affida al marketing, alla ricezione dei gusti, delle inclinazioni del singolo, e che fa della ricerca di mercato il fulcro della propria azione. Per fare questo viene utilizzato un linguaggio aziendale – con dirigenti che si trasformano in manager – incentrato sulla prospettiva dell’efficienza e che ha a cuore una felicità individuale totalmente acritica, sottomessa alle regole del mercato.
Per questo vanno di moda i tavoli tematici, le primarie delle idee, strumenti attraverso i quali si intende lanciare un messaggio di natura pubblicitaria, piegato nella descrizione di un sistema modificabile con un po’ di buona volontà e nel quale solo i meritevoli, i giusti, i propositivi hanno la possibilità di essere considerati protagonisti politici, al fine di sincronizzare, definitivamente, i propositi dello Stato/Azienda con quelli del cittadino/consumatore e ammorbidire, in questo modo, le pressanti istanze sociali.

Non è tempo di errori grossolani

di Antonello Longo

 

Passato l’80° anniversario dell’eccidio fascista di Carlo e Nello Rosselli, per anni quasi dimenticati dalla sinistra dei fanatici e dei settari. Il loro esempio ed il messaggio di pensiero che ci hanno lasciato, devono farci riflettere sul valore dell’unità, una volta antifascista, oggi antiliberista.
Le preoccupazioni che emergono sull’assemblea indetta per il prossimo 18 giugno si concentrano essenzialmente su due punti, dei quali uno poggia su un dato di fatto, l’altro su un dubbio.

1) L’appello della Falcone tace sulle questioni dell’Unione Europea e dell’euro.

Non possiamo credere ad una dimenticanza o alla sottovalutazione del problema. Più facile si tratti di non voler anticipare i tempi di decisioni politiche fondamentali che, appunto, devono formare oggetto di discussione.
Noi abbiamo un’idea ed una proposta. La confronteremo con le altre componenti della sinistra, e vedremo se troverà cittadinanza..

2) Il progetto politico è ispirato da D’Alema e serve a riciclare il vecchio ceto del centrosinistra prodian-veltronian-ulivista.

Penso tutto il male possibile di D’Alema, che personalmente conosco da quarant’anni. Se il progetto di Anna Falcone fosse eterodiretto da “Baffino” sarebbe già morto prima di nascere. Io vedo però, nel territorio, che sta nascendo qualcosa che non è ciò a cui pensa D’Alema.
Una cosa posso dirla con assoluta certezza, perché è quanto sto vedendo e toccando con mano in questi giorni: il “popolo della sinistra”, quello fatto dai militanti più giovani delle sigle più svariate e da tutti o quasi coloro i quali, nella base, da semplici cittadini, hanno lavorato con noi per l’affermazione del No al Referendum costituzionale, è in grande fermento per l’appello alla costruzione di una nuova forza unitaria della sinistra.
Sono convinti che si tratti di una rottura definitiva col PD (renziano e no) e già sono in marcia verso l’assemblea del giorno 18. Questo va al di là delle intenzioni (quali che siano) degli organizzatori, è il contrario degli interessi de vecchio ceto. E ciò finirà per avere il suo peso.
Accade perché l’appello era atteso e maturo nell’estenuata e inconcludente galassia della sinistra alternativa. Accade perché è scritto con linguaggio (forse) generico ma semplice, chiaro ed efficace ai fini della comunicazione. Perché ha trovato spazio mediatico (Manifesto e Fatto Quotidiano, due giornali ostili all’iniziativa di D’Alema). Ma accade soprattutto perché viene centrato il cuore del problema: un nuovo inizio attraverso la rottura col sistema neoliberista.
Tutto questo ci riguarda: non significa vincolarci con le catene al collo, non credo a niente per fede. E quindi, vedere quante gobbe ha il cammello: il tramonto della legge elettorale ci dà l’opportunità di puntualizzare, migliorare, approfondire.
Non credo siamo di fronte solo a un generico appello all’unità: questo è un momento topico, nel bene o anche, se preferite, nel male.

 

DUE APPUNTAMENTI ESTIVI

 PICCOLA GUIDA PER I TURISTI DELLA POLITICA

di Alberto Benzoni

Date: 18 giugno e 1 luglio. Luoghi: Il Teatro Brancaccio e Piazza Santi Apostoli a Roma. Condizioni climatiche, per i turisti anziani più favorevoli nel secondo caso: manifestazione all’aperto e più breve. Riferimenti politici ambedue funzionali alle preferenze dei visitatori: la piazza è stata il luogo in cui è stata celebrata la prima, e per la verità unica vittoria dell’Ulivo; al Brancaccio si è tenuta l’ultima manifestazione del no prima del referendum.


Indicazioni politiche. Sulla piazza saranno presenti Pisapia e Art.1, più una serie di personalità. Richiamo formale il centro-sinistra, l’Ulivo il “campo progressista“. Cose, peraltro, dichiarate impraticabili dallo stesso Romano Prodi. Orizzonte reale, la ricostituzione della tradizionale alleanza con un Pd liberato da Renzi o con un Pd con un Renzi ridimensionato e/o ridotto a più miti consigli
Presenti al Brancaccio tutti gli altri : diversa l’affiliazione o la non affiliazione politica, comune il riferimento al voto del 4 giugno e alla necessità di darvi una rappresentanza politica.


Futuri percorsi aperti ai partecipanti. Chi sarà alla piazza Santi Apostoli aderirà alla proposta politica di chi ha indetto la manifestazione: la formazione di una lista il cui punto di riferimento- cancellata la parentesi di questi ultimi tre anni- sarà la ricostruzione del sistema politico e delle strategie economiche e sociali perseguite dal 1993 al 2014, in Italia e in Europa.


Chi sarà invece al Brancaccio si troverà coinvolto, nei mesi successivi, nella costruzione di qualcosa di nuovo e tutt’altro che scontato. Leggi nella formazione di una sinistra di opposizione e di un fronte politico e sociale che avrà come sua referenza principale il no alle politiche istituzionali, economiche, sociali ed europee perseguite lungo tutto l’arco della seconda repubblica.


Indicazioni per gli astensionisti: e cioè per quelli che non si sentono coinvolti nè dall’una nè dall’altra proposta. Se questo fosse l’orientamento generalizzato andrà avanti il disegno che è comunque nelle cose: la formazione di un’area che avrebbe come suo unico punto di riferimento il Pd. E si formerebbe, di riflesso, un’area più radicale all’insegna del “no al Pd” e dell’opposizione pura e dura.
Ora, si può ritenere questa prospettiva decorosa oppure inevitabile: e allora è consigliabile, per chi avesse quesata opinione, andare al mare. Ma si può anche pensare che il popolo italiano, quello che ha votato “NO” al 60% il 4 dicembre, meriti qualcosa di più e di meglio; e allora è consigliabile partecipare con sguardo attento e spirito libero all’incontro del 18 giugno.

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