Dopo il voto del Regno Unito che ha deciso l’uscita dall’Unione Europea si apre di fronte a noi uno scenario nuovo , che pone all’ordine del giorno la questione fondamentale della modifica radicale dei Trattati costitutivi , come condizione necessaria per la stessa sopravvivenza dell’Europa .
La BREXIT in realtà può rappresentare l’inizio di un crollo annunciato,le cui ragioni di fondo risiedono nelle caratteristiche strutturali che la UE e’ andata assumendo in attuazione del trattato di Lisbona ed in conseguenza della adozione del sistema Euro, e soprattutto della sua sostanziale irriformabilità. Sotto questo aspetto non c’e’ alcun dubbio: la Brexit è anche una conseguenza della incapacità del Socialismo Europeo di controllare e guidare i processi di unificazione economica e monetaria della U.E. su un terreno di sviluppo economico e sociale del continente, equo e democratico , verso assetti di equilibrio sociale di maggior livello qualitativo. La frustrazione diffusa tra la popolazione per il tendenziale impoverimento di massa e per l’esaurimento delle prospettive di una larga mobilita’ sociale , che ormai caratterizza tutte le società europee, trova rifugio in una prospettiva di recupero delle sovranita ‘ nazionali come soluzione possibile ed immediata ad un processo recessivo che il governo dell’Europa ormai mostra di funzionalizzare direttamente alla garanzia degli assetti monetari, finanziari e bancari esistenti , ed al mantenimento del modello liberista di rapporti sociali e produttivi che ha posto le premesse della grande crisi finanziaria . Se poi riflettiamo sul fatto che i poteri costituiti,le elitè economiche e tecnocratiche, e le istituzioni finanziarie ,arrivano addirittura a rimproverare al conservatore Cameron di aver osato mettere ai voti l’appartenenza all’Europa del suo paese , abbiamo la percezione chiara di come ormai l’istituzione europea sia divenuta essenzialmente una struttura chiave dell’equilibrio finanziario e monetario globale . Una struttura ,priva di una reale articolazione democratica , che risponde rigorosamente a logiche di interessi superiori di natura geo-politica , all’interno della quale gli interessi concreti dei popoli europei costituiscono una mera variabile dipendente ,che deve essere coniugata rigorosamente con le necessita’ superiori della garanzia delle compatibilità di sistema e di omogeneità di modello sociale che ormai la governano pienamente. Queste in sintesi sono le Ragioni di fondo di un crollo annunciato di questo sistema Europeo, che ora parte dalla Gran Bretagna ,in cui peraltro il “NO” ha retto solo perché su di esso e’ confluito per opportunità il voto degli scozzesi che intendono riaprire la questione della loro indipendenza nazionale dagli inglesi. ma che presto si diffonderà nei paesi piu’ deboli .
Assistiamo al Crollo di un Sistema , nella coscienza popolare prima ancora che nelle riflessioni politiche , che deriva in ultima analisi dall’impossibilita ‘di realizzare una alternativa di modello di sviluppo in questa europa tecnocratica , in cui il dato finanziario e monetario costituisce l’elemento regolatore del tutto. L’Europa attuale, infatti , attraverso le sue scelte monetarie e finanziarie ,ed attraverso il suo apparato normativo comunitario non consente che al suo interno si realizzi un diverso modello di rapporti sociali ed economici che consentano una diversa qualità dello sviluppo . Abbiamo di fronte un sistema irreversibile , gestito con logiche rigorosamente tecnocratiche , e come tale assolutamente rigido ,e sapere se e’ stato progettato cosi’, o se tale lo sia divenuto solo dopo tradendo le volontà iniziali,importa poco a questo punto . Parliamoci chiaro fuori dalle oleografie culturali ,buone solo per la propaganda e per i gonzi ,che al momento decisivo vengono sistematicamente spazzate via dai dati e dagli interessi reali. La vera ragione strutturale , valida, della costruzione di una entità sovranazionale europea è la costruzione di una economia di scala continentale , in grado di consentire margini consistenti di sviluppo produttivo e commerciale ,e di crescita della ricchezza sociale , sufficienti ad alimentare ampi spazi di mobilita’ sociale e di benessere sociale, in un quadro di sviluppo progressivo e corale di tutti i paesi che ne fanno parte . Per tale ragione un assetto economico e sociale di questa ampiezza e complessità non potrebbe che essere retto da un sistema di governo che fa della programmazione e dell’equilibrio sociale ed economico interno l’elemento cardine attorno a cui dovrebbe ruotare il tutto. Al contrario l’Europa attuale e’ stata impostata su una logica di sistema del tutto inversa,in cui l’unica variabile indipendente e’ costituita dall’imperativo della stabilizzazione del suo sistema monetario per esigenze di ordine sistemico piu’ complessive. Per questo l’Europa del post Lisbona o cambia radicalmente il suo modello strutturale di riferimento o sarà destinata ad implodere . Lo sconcerto di fronte agli esiti e dalle conseguenze del voto inglese , subentrato nelle elite tecnocratiche ,che dirigono le strutture finanziarie ,bancarie, e monetarie della UE , con assoluta freddezza ed insensibilità alle condizioni reali delle popolazioni conseguenti alle loro scelte direzionali , si va concentrando nell’immediato sulla segreteria del Labour del compagno Corbyn , al quale rimproverano di non aver fatto la vestale della permanenza inglese nell’Europa , e di non aver demonizzato una eventuale scelta dell’elettorato per l’uscita .
Nella sostanza gli rimproverano di non aver assunto lo stesso atteggiamento assunto da Hollande , Scultz ,e il duo Renzi-Napolitano, nei confronti del primo referendum greco chiesto da Papandreu, e nei confronti del compagno Tsipras successivamente , pur sapendo perfettamente che l’esercito greco minacciava di intervenire in caso di rifiuto dell’accordo da parte del governo greco . In realtà attaccano Corbyn perché ha sempre vissuto la sua esperienza politica fuori dal sistema , e di fronte al crollo attuale è riuscito ad evitare che il Labour ne venga anch’esso travolto . Se Corbyn, come dicono per denigrarlo, voto’ a suo tempo contro il trattato di Lisbona , vuol dire che e’ una persona lungimirante e coraggiosa . Vuol dire che abbiamo di fronte finalmente un leader di valore ,assolutamente consapevole dei limiti strutturali della attuale costruzione finanziaria ,tecnocratica e liberista della UE . Corbyn ha fatto,in realtà , solo ciò che Craxi e Lafontaine pensavano si dovesse fare ,perché erano intelligenti ed avevano intuito come sarebbe andata a finire , e che poi non fecero solo perché non potevano permettersi di farlo per la rete di rapporti di vertice dei rispettivi governi nazionali dei quali erano parte dirigente. Corbyn si e’ in realtà schierato contro la Brexit , anche consapevole del rischio scissione scozzese,ma sicuramente non ha vissuto il referendum come una sorta di linea del Piave per il suo paese ,in quanto e’ consapevole che con le rigidità di bilancio e con le normative anticoncorrenza ed antiaiuti di stato imposte dall’Europa , sarebbe stata difficilissima la politica ( sacrosanta ) di ripubblicizzazione del Sistema bancario, e delle infrastrutture di interesse nazionale , che costituisce il cardine del suo programma . Da un punto di vista più generale e’ evidente che una uscita dall’Europa attuale alla lunga favorisca la politica di interventi strutturali dell’attuale Labour antiliberista ,che necessita’ di piena indipendenza fiscale e monetaria , e inoltre la nuova Gran Bretagna , fuori UE ,potrà reggere nella nuova fase che l’aspetta solo attraverso fortissime politiche di riequilibrio sociale ,più o meno come avvenne con il Labour di Clement Attlee nell’immediato secondo dopoguerra. L’uscita della Gran Bretagna dalla UE in ogni caso apre uno scenario assolutamente nuovo e scardinante sul terreno degli equilibri politici internazionali.
La Brexit implica infatti conseguenze enormi non tanto sul piano economico o finanziario , o istituzionale , quanto essenzialmente sullo stesso terreno superiore che ne ha determinato le sue rigide e sistemiche conformazioni neo-liberiste dopo lo ’89 , quello politico e geo-strategico. E’ infatti sintomatica la paura della Germania di non poter reggere da sola una Unione Europea che senza l’Inghilterra perde la sua principale fonte di legittimazione atlantica . e rispetto alla quale già si comincia a vedere il disagio dei paesi dell’est per un assetto comunitario Europa fa riferimento fin dalle prime scelte emergenziali quasi più all’originario trattato di Roma che a quello post ’89 di Lisbona . Un assetto nuovo in cui i tre paesi cardine ( Germania ,Italia , e Francia ) ,ora riuniti in un direttorio – guida ,fino a tre settimane fa’ impensabile , non hanno peraltro alcun interesse ad una politica di scontro,o piu’ semplicemente di contrapposizione alla Russia , anzi al contrario hanno un bisogno quasi vitale della sua partnership economica e commerciale. E’ evidente fin da ora che questa ricollocazione strategica dell’Europa post -direttorio ,che inciderà fortemente sulle relazioni mondiali portando ad un rafforzamento di un concetto multipolare dell’ equilibrio internazionale , avrà necessariamente effetti inevitabili sulle sue regole creditizie e monetarie interne , proprio per risolvere la nuova esigenza primaria di tenuta della compattezza interna ,che diviene condizione essenziale di sopravvivenza di una struttura divenuta debole nelle sue legittimazioni esterne . In particolare andrà sempre piu’ ad emergere la insostenibilità delle politiche di rigidità di bilancio, di cui la Germania e’ stata finora sostenitrice principale ,in quanto la bassa inflazione ,che rappresenta il canone di riferimento primario per la politica tedesca,comincia ad essere incompatibile, se non addirittura controproducente, con l’esigenza di proteggere anche il suo stesso sistema bancario da livelli di esposizioni e di sofferenze insostenibili ( vedi caso Deutsche Bank) , che divengono ormai non più riassorbibili senza interventi pubblici , alla luce del crollo delle aspettative di una ripresa economica consistente nel medio periodo . L’esaurimento di queste aspettative di ripresa del ciclo di crescita mina direttamente ,infatti , la stessa stabilita’ finanziaria tedesca , e con essa dello stesso Euro, e porta al capolinea la pretesa tedesca di poter continuare ad usare il suo consenso sui piani di ricapitalizzazione dei sistemi bancari degli altri paesi UE ,prima fra tutti l’Italia , come un’arma di ricatto per sostenere la sua impostazione complessiva sulle politiche finanziarie comunitarie .
Su un piano piu’ generale ,La Brexit stessa , costituisce, quindi, una delle conseguenze di un aggravamento della crisi di un sistema finanziario globale che non riesce a ridimensionare il buco prodotto nel sistema bancario dalla bolla speculativa degli anni 97/2007. Allo stesso modo , il Trattato Commerciale Nord Atlantico (TTIP) sta per saltare a causa della difficoltà a risolvere questo squilibrio con risposte di pura natura finanziaria , che inevitabilmente porta ad una rivalutazione del ruolo della/e “statualità” nel governo dei processi economici ,smentendo il parametro fondante del Neoliberismo e della globalizzazione finanziaria su cui e’ fondato il TTIP, quello della eliminazione dei vincoli autoritativi pubblici posti dalle legislazioni statuali all’azione commerciale e di intermediazione degli operatori finanziari e commerciali privati . Evidentemente il protrarsi della crisi ,e soprattutto la falsa ripresa dalla recessione in atto ( W doppia rovesciata ,cosiddetta dagli economisti e dagli studiosi di grafici finanziari), che aggrava il buco finanziario e bancario creato dal crack del 2007/2008 ,da cui ha avuto avvio la spirale recessiva, hanno sfasciato i piani che erano stati preparati per smantellare ulteriormente i pochi poteri sovrani residui esterni al mercato finanziario e bancario . Questa e’ la prova che le classi dirigenti finanziarie e economiche stanno procedendo a fari spenti ,e non hanno per le mani alcuna soluzione utile ad invertire le tendenze ad una recessione stabile tendenziale in tutte le economie mature . La Brexit ha ulteriormente aggravato questa incapacità di fondo di risolvere i problemi ,fuori dal recupero di un sistema di interventi statuali. Probabilmente stavolta, di fronte al riesplodere della crisi bancaria, in forma ancor più violenta , siamo giunti sul serio al capolinea del neoliberismo e della finanziarizzazione di tutti circuiti principali del sistema economico globale .
Per questo duplice insieme di ragioni, di necessita’ di modificare la natura delle risposte alla inarrestabilità della crisi recessiva , e di necessita’ di consolidamento di una Unione divenuta più fragile , questa della Brexit potrebbe essere l’occasione chiave per realizzare una riforma radicale dei trattati che reggono L’Unione Europea , nel senso e nella direzione sociale e democratica che noi auspichiamo, e misurare in tal modo in concreto i veri margini di una sua sostanziale ed effettiva riformabilità a patto che la sinistra europea , tutta , smetta di balbettare e di apparire inadeguata , per debolezza culturale e pavidità politica , a cogliere l’opportunità che nasce dalla paura e dal senso di debolezza politica che sta prendendo la Germania nel momento in cui viene costretta ad assumere su di sé una responsabilità politica primaria e delicatissima .
Per cogliere questa occasione e’ necessario, innanzi tutto, ricostruire una nuova Identità Socialista della Sinistra in Europa , fuori dai limiti della GUE ed alternativa al PSE, per promuovere e sostenere un disegno complessivo di riforma radicale nei trattati costitutivi e regolatori della unione europea, per rideterminarne l’ assetto istituzionale , il sistema dei poteri , ed i livelli di rappresentanza democratica ,verso un governo dei processi economici e scelte di modello sociale, fuori dal condizionamento dalle logiche finanziarie , bancarie e monetarie che costituiscono l’asse di riferimento del modello liberista ,responsabile dei processi recessivi che stanno sconvolgendo le società sviluppate.
Franco Bartolomei