Indubitabilmente i provvedimenti governativi sulle banche sono quelli che più creano imbarazzo ed interrogativi, ma che più delineano quali sono le posizioni strategiche di questa nostra amministrazione centrale.
Premetto subito che è scandaloso il fatto che queste direttive europee vengano approvate in Europa con il voto favorevole dei nostri rappresentanti, vengano poi recepite per decreto da un governo acritico e solo dopo che sono entrate in funzione o vanno alle Camere per la conversione ci si accorge dei guasti e dei problemi, denunciando approssimazione e leggerezza e reiterando il mantra “ce lo chiede l’Europa”. Così è successo per il pareggio di bilancio, così è successo per il bail-in, così sta succedendo per le rate di mutuo impagate. Sarebbe più serio che non si dovesse procedere con questa prassi deludente.
Ma veniamo al merito. La direttiva recepita dal governo fa scattare la pignorabilità della casa alla settima rata impagata. L’intervento di 5 stelle, tanto strumentale quanto efficace, ha costretto il governo ad una retro marcia che ha modificato le rate da sette in diciotto. I 5 stelle gasati dal successo ora puntano al ritiro del decreto.
Ora la norma va vista in un contesto che coinvolge: la crisi del 2007, i subprimes, le cartolarizzazioni, il moral hasard, il generate and distribute, il bail-in, il fallimento delle 4 banche, insomma tutta la struttura del capitalismo finanziario.
Prendo subito posizione e ritengo corretta la norma che accelera e svincola da strumentali atti processuali le procedure di esecutività delle insolvenze. Trovo populista la posizione dei 5 stelle che cavalcano un argomento così sensibile come la morosità dei pagamenti dei mutui. Mi sembra logico e corretto che chi contrae un mutuo si obblighi a rimborsarlo e doverosamente rispetti le scadenze. Ritengo anche corretto che l’insolvenza vada risolta con una certa celerità ( anche con ristrutturazioni) senza attendere lungaggini e operazioni dilatorie che rendono il nostro sistema economico bolso e inefficace. Molte aziende che hanno delocalizzato non hanno delocalizzato cercando solo paesi a basso costo di mano d’opera, ma hanno delocalizzato verso paesi dove una fattura impagata trova soluzione in un mese e non in anni come da noi in Italia. La cultura cattolica del perdonismo e della misericordia mal si accorda con il calvinismo dell’economia.
Tuttavia l’approvazione del decreto mutui va allargata al contesto in cui operiamo. Ricordiamo ad esempio che la crisi del 2007, che ancora ci attanaglia, nacque dalla crisi dei subprimes ovvero da mutui concessi a chi non è poi stato in grado di ripagarli. Quindi ne conseguirebbe che l’aver rafforzato le difese delle banche verso le insolvenze sia cosa buona e giusta. Niente affatto, non bisogna fermarsi lì al fatto decontestualizzato, e allora approfondiamo. Quei mutui erano il frutto di una potente azione di promozione e di spinta commerciale su persone incapaci di ripagare i mutui, affinchè accendessero comunque un mutuo per comprarsi casa, anche se l’agente che concludeva quell’affare sapeva benissimo che quel mutuo era destinato all’insolvenza. Follia? No miracoli del capitalismo finanziario. Infatti quei crediti da mutui sono stati cartolarizzati e venduti a terzi, per cui le banche hanno incassato subito le rate future dei mutui (anche di quelli destinati all’insolvenza). Quei crediti fasulli confezionati in prodotti finanziari dagli acronimi fantasiosi, camuffati in combinazioni di altri prodotti finanziari e resi irriconoscibili anche agli investitori più attenti hanno rappresentato la realizzazione di tre principi del capitalismo finanziario.
• Generate and distribute che ha superato il vecchio metodo del generate and hold
• Teoria di un premio Nobel secondo la quale se il rischio viene distribuito all’infinito esso tende a zero
• Le società di rating (spesso colluse) sono oracoli infallibili.
Da rimarcare che i profitti alle banche pervenivano dalle commissioni di transazione che quindi spingevano ad aumentare al massimo la quantità e non la qualità del prodotto venduto, ovvero del mutuo stipulato; su tale modalità si basavano i premi di produzione degli agenti bancari e dei banchieri che realizzavano guadagni da favola indipendentemente dal risultato che i prodotti venduti potevano produrre.
Ma si basava anche su un altro principio, quello del moral hazard che significa investimenti rischiosissimi e temerari tanto poi, se va bene guadagno un sacco, ma se va male pagano i contribuenti con il salvataggio delle banche. Anzi accendendo dei Credit Defaul Swaps il rischio viene venduto a terzi, trasformando il rapporto bancario da rapporto fiduciario in rapporto di rapina organizzata.
Il bail-in ha il grande merito di contrastare il moral hasard spostando l’onere del default dal contribuente all’azionista ed obbligazionista (e anche correntista sopra i 100.000€) riducendo quindi la propensione a investimenti temerari.
Quindi dall’approvazione al decreto insolvenza dei mutui faccio discendere conclusioni che il governo non prende, che il capitalismo finanziario non prende, tipo: proibire i credit default swaps senza crediti o quanto meno riclassificarli da prodotti finanziari in prodotti del gioco d’azzardo soggetti al controllo dei monopoli di Stato; regolamentare le cartolarizzazioni complesse o non trasparenti limitandone la vendita ai soli investitori istituzionali (come aveva raccomandato, inascoltata, la Banca d’Italia alla Banca Etruria); aumentare i limiti di agibilità delle too big to fail, se non si riesce a smantellarne la dimensione; vietare le short sales; legare i compensi ai manager al risultato del prodotto; revocare il compenso in caso di insolvenza del creditore; richiedere l’assenso di Banca Italia sui fidi concessi da amministratori e sindaci di banche a sé stessi o a propri prestanome, e migliaia di altri provvedimenti che aumentino sì l’efficacia dei mercati finanziari ma siano calvinisticamente legati ai conseguenti risultati.
Non è accettabile l’opportunismo del governo che fa il prepotente con i deboli né il populismo dei 5 stelle che si fanno paladini del perdonismo cattolico.
RENATO COSTANZO GATTI