Rivedendo il film di Petri ” La classe operaia va in paradiso” ho risentito dopo decenni un moto d’orgoglio per quell’intellettuale dietro la macchina da presa, film che consegna uno spaccato coerente dell’Italia fordista e del dibattito politico.
Gli anni della rivolta ma anche della disillusione del primo boom economico…produrre, cottimo, sfruttamento.
Ma al di là delle note di costume, il proletariato che Petri descrive oggi ha un altro colore, è emarginato in un’anomia ancora peggiore, non ha uno spazio identitario partitico.
Il socialismo riformista media per sua natura , optando per la modulazione dello scontro.
Ma siamo sicuri che lo scontro esista ancora?
Oggi lo scontro nelle piazze è superato dal rinnovamento dei movimenti anti-capitalismo finanziario, a cui dare il nostro appoggio in un’ottica di alternativa cosciente.
Ma questa primavera spagnola intaccherà i decenni di sopravvivenza nel compromesso?
Il compromesso purtroppo vince per la naturale” gregarietà” dell’italiano medio piccolo-borghese, che rifugge dallo scontro, anche perchè ha dei costi.
Per i propri figli, per la perdita di un lavoro, per l’isolamento che ne deriva.
Al di là della ” liquidità” di Baumann io vedo anche una fetta non indifferente di ” popolo” che non è più ” cittadino” nel senso auspicato dal Costant, corre per sopravvivere.
Solo che questo ” correre” non cura lo spazio ” comune” , non innesca luoghi di confronto colto( Cosmopolitica è un laboratorio ancora) , fa riemergere la necessità di elites , chiuse nei propri rituali di autoriconoscimento e legittimazione.
La legittimazione passava un tempo dalla radice identitaria, dalle lotte, dall’emancipazione.
Ma emanciparsi vuol dire essere padroni del proprio tempo, corpo, immaginazione, creatività, lavoro come cooperazione.
Il lavoro sopravvivenza non è lavoro, è in attesa di nuova contrattazione , per conciliarsi ai ritmi umani.
L’uomo post-moderno come categoria astratta non giova, è intellettualizzazione coerente all’elite borghese.
Il vero uomo socialista è aperto, ma rigido nella difesa della libertà come personalizzazione della vita, storia agente, spirito in evoluzione.
Risolve complessità, ma anche cerca un approccio estetico al suo agire, rifugge l’antagonismo fine a sè stesso per cedere al rito del dibattito aspro ma intenso.
Sorprendentemente al centro del patto sociale si ritrova come persona coniugata alla moltitudine, ma senza concezioni organiche.
Segue, nella sua piccola narrazione autonoma, il flusso ma per dominare la corrente, non per lasciarsi trascinare.
ECCO PERCHE’ PER LIBERARSI DALLE CATENE DEL POST-MODERNO DEVE TORNARE A STUDIARE COME ADEMPIERE ALLA SUA PERENNE RICERCA, CONSAPEVOLE DELLE RADICI MA PRONTO AD ATTRAVERSARE LE INCOGNITE DEL PRESENTE.
Ed in questo processo potrà incontrare compagni, non capi, maestri , non confessionali.
E quindi la sua carne o vita non sarà merce, ma perenne processo di elevazione spirituale.
COSMOS interiore, non abbandono al naufragio.
FAUSTO FARERI