Un nuovo termine inglese con cui confrontarci. Si tratta di un documento di nove pagine, scritte in rigoroso inglese, per chiarire quali siano le posizioni del governo italiano per proporre come condurre l’Europa nei prossimi anni.
Si tratta di un documento molto timido, largamente condivisibile negli obiettivi che tuttavia sfiorano l’ovvietà senza una forte strategia globale, che auspica solo una maggior solidarietà tra i membri dell’unione, quasi che la crisi, che sta attraversando l’Europa, sia solo una crisi di fiducia e non il frutto di errate impostazioni di base.
Partiamo comunque da un sincero riconoscimento della profonda crisi che l’Europa sta attraversando, che fa sottovalutare “la percezione del valore aggiunto costituito dal far parte dell’Unione”. Ma il riconoscimento della crisi coinvolge anche la politica della BCE e dei suoi quantitative easings che, alla luce dei fatti, “si sono dimostrati insufficienti”.
Si riconosce il pregio degli investimenti pubblici che “ sostengono la domanda nel breve termine e rafforzano l’offerta ed il potenziale produttivo nel medio-lungo termine”. Inevitabile far riferimento al piano Juncker, ma ciò viene fatto in modo estremamente timido e senza identificare in una rafforzata politica programmatoria la vera discontinuità rispetto all’attuale stile di governance che ci porta alla stagnazione secolare. Neppure il pur conseguente collegamento “quantitative-easing e piano Juncker” viene individuato come strategia dei prossimi mesi.
Tale collegamento, ovvero la strategia di non usare i quantitative easings per fornire liquidità al sistema bancario auspicando che ciò aiuti i mercati, ma usarli per finanziare la BEI che finanzi il piano Juncker, è da molti economisti raccomandato come strutturale intervento per tentare un’uscita dalla stagnazione. Si auspica invece, e si rimane a livello di auspicio, che “la sinergia del budget europeo e delle risorse nazionali, includendovi le promozioni delle banche nazionali” aiutino i mercati a riprendersi dalla crisi depressiva.
Lo stile auspicativo si reitera sia nell’invocare un fondo mutuo per la soluzione delle crisi bancarie, così come per gli interventi nel mondo del lavoro a salvaguardia dei ciclici fenomeni di disoccupazione. Insomma una Europa misericordiosa!
Una Europa misericordiosa è ben altra cosa da un’Europa programmatrice che invece, a nostra opinione, dovrebbe intervenire fattivamente (e non limitarsi ad auspicare) nell’impostare riforme che vadano a correggere le cause che generano sbilanci sia nelle bilance commerciali così come negli scostamenti tra PIL potenziale e PIL effettivo e così come per i differenziali di produttività, innovazione e modernizzazione dell’attività produttiva.
C’è un accenno al Ministro delle Finanze dell’Eurozona che gestisca “una politica fiscale comune in modo da assicurare che si perseguano posizioni fiscali coerenti ed internamente bilanciate”. Si sfiora, forse con un lontanissimo accenno alle posizioni di Yanis Varoufakis di ridemocratizzazione dell’Europa, il suggerimento affinché tale figura “abbia un forte aggancio con il Parlamento Europeo”.
Viene riaffermata la necessità di ricorrere ai principi di “flessibilità” come uscita dalla rigidità delle regole ma senza far il minimo cenno alla necessità di rendere “regola” e non escamotage, la “golden rule di Delors” ovvero il non conteggio nel deficit delle spese per investimenti.
Qualche mese fa, i due rappresentanti socialisti di Germania e Francia hanno rilasciato un documento che auspicava ad un Ministro Europeo dell’economia che con un proprio budget, e partendo dal piano Juncker, impostasse una strategia programmatoria strategica globale, finanziabile con emissione di “project bonds”. Tale documento fa un vago cenno a tale tipo di programma strategico, ma si mantiene estremamente timido, senza cercare di coalizzare tutti i partiti socialisti (di cui il governo pur si vanta di far parte essendone la componente più forte) in una congiunta e determinata battaglia.
Mi astengo, programmaticamente, di commentare la parte relativa al tema dell’immigrazione.
RENATO COSTANZO GATTI